Film di fantascienza, horror, commedie romantiche e rievocazioni storiche: sono quelli che siamo maggiormente abituati a vedere comparire nei cartelloni del nostro cinema di riferimento.

I generi tendono a essere sempre gli stessi anche se, anno dopo anno, è possibile notare che, pur rimanendo un genere di nicchia, resta costante il numero di quelle pellicole che raccontano il mondo dell’arte.

Non solo documentari, anche se hanno indubbiamente il loro peso: esistono una miriade di lungometraggi che raccontano la biografia di artisti, da pittori a scultori.

Il fascino discreto dell’arte al cinema

Non si tratta di un fenomeno recente. Vicente Minnelli, padre della più famosa Liza, è stato fra i primi a rievocare la vita di un pittore famoso, nello specifico Vincent Van Gogh, autore di quadri moderni indimenticabili, in una pellicola uscita addirittura nel 1956: il suo “Brama di vivere” vedeva protagonista Kirk Douglas, in uno dei suoi ruoli più importanti (e insoliti, considerato che veniva dal mondo dei film d’azione).

Non è nemmeno l’unico film dedicato all’artista così torturato: se ne possono contare almeno altri sette solo su Van Gogh, compreso quello di un regista che è lui stesso pittore: Julian Schnabel.

Perché i pittori piacciono a Hollywood?

A proposito di “torturati”. Quasi tutti gli artisti “presi di mira” dai produttori per trasformare la loro storia in un film hanno un tratto in comune: sono, come il grande Vincent, incompresi e inquieti.

Come Frida Kahlo, interpretata da Salma Hayek in un ruolo iconico che l’ha trasformata in megastar; come Jackson Pollock, il cui sprofondamento umano è stato reso egregiamente da Ed Harris, attore di scuola teatrale che grazie a questo ruolo ha guadagnato una candidatura agli Oscar.

Potremmo poi continuare citando Alessio Boni, calato in maniera straordinaria nei panni del ribelle Caravaggio, oppure ancora Colin Firth/Vermeer ne “La ragazza dall’orecchino di perla”.

Sono solo pochi esempi, ma cercando liste di film dedicate a questo universo potrete verificare che è sempre così: i pittori sono visti come iconoclasti che hanno lottato contro i mulini a vento della società che li circondava, spesso sacrificando vita e salute mentale perché poco capiti e per questo isolati.

I film che ne raccontano questa parabola si occupano anche del loro riscatto, spesso post-mortem che si è trasformato in una fama immortale (come ben evidenziato in film come “Basquiat” o “Séraphine”) che trascende il corpus delle opere arrivate fino a noi.

Una tendenza inarrestabile

Nonostante il “canovaccio” di queste opere sia più o meno sempre lo stesso, la tendenza di parlare di quadri e artisti al cinema non sembra destinata a terminare: se in questi giorni in Italia si applaude un lavoro sul pittore (e scrittore) Carlo Levi, si guarda al futuro con progetti dedicati ad altre grandi figure tutte da riscoprire: Artemisia Gentileschi, per esempio, o Pino Pascali.