Mail compromettenti rese pubbliche, intercettazioni, scandali sessuali e – nel mezzo di una pandemia che ha chiuso le sale e bloccato la distribuzione di centinaia di pellicole – assegnazioni di premi con criteri che lasciano perplessi e riconoscimenti senza apparente senso.
Gli ultimi anni hanno visto il mondo del cinema nordamericano – quello dei blockbuster, delle grandi star, quello dalle cui labbra pendono tutti i cineasti del pianeta – in grande sofferenza. Non c’è solo il caso Weinstein, che ha tenuto banco anche in Italia: il momento no parte da più lontano, dal 2014, quando degli hacker rivelarono il contenuto delle email da e per i vertici della Sony Pictures, fra misoginia, razzismo e nepotismo.
Tutte cose che viste con la sensibilità di un europeo potrebbero far sorridere: le abbiamo sempre sospettate, dopotutto.
Negli USA, invece, queste così come altre rivelazioni clamorose hanno fatto tremare, e a più riprese fatto credere che presto ci sarebbe stata una rivoluzione che avrebbe rinnovato l’intero sistema dello showbiz: si sperava in più donne dietro la scrivania e le macchine da presa, più spazio ad artisti di minoranze etniche che sapessero raccontare le complessità di una nazione ancora così dilaniata dalle ineguaglianze, più apertura a progetti indipendenti.
Bisogna ammettere che i cambiamenti, dove sono avvenuti, sono stati minimi e anzi, quasi impercettibili.
Il punto più basso si è poi toccato con le ultime premiazioni: cerimonie scollegate dalla realtà, sempre più cucite su misura su un’élite che non conosce la propria storia né il proprio pubblico. Il quale, giustamente, ha finito col cambiare canale.
Una vecchia guardia ancora da venerare
Tra star dalla reputazione in bilico e progetti dalle trame rimasticate, cresce il fronte di coloro che preferiscono ricordare la Hollywood dei bei tempi che furono: quelle icone mai tramontate, quei film dalle recensioni stellari e quell’atmosfera magica che ancora oggi ispira creativi, stilisti, scrittori e fa sognare. Succede anche a personaggi famosi come Steven Spielberg, che senza ispirazione dal mondo moderno ha voluto ri-filmare uno dei classici della sua giovinezza: “West Side Story”.
I nostalgici come lui possono alimentare questa passione “passatista” grazie a società come la Criterion Collection, che ripubblica film celebri in versione restaurata, con canali tv tematici dedicati ai grandi classici ma anche con elementi di décor e arredamento, come succede con Dear Sam: un portale interamente dedicato a poster di alta qualità fra i quali fanno capolino proprio le stelle di tanto tempo fa, da James Dean a Audrey Hepburn.
E non finisce qui: sappiamo quanto il mondo del cinema sia legato a quello dell’arte, quindi su Dear Sam è possibile trovare anche manifesti con stampe e quadri che intercettano il nostro stile personale, perfetti per abbellire la nostra stanza, le nostre case o anche i luoghi dove ogni giorno lavoriamo.
Il successo di questi progetti dovrebbe essere indicativo dei gusti degli spettatori: peccato che questi rimangano considerati solo da una piccola minoranza di cineasti, come dimostrato da casi clamorosi come i recenti “La La Land” o “Carol”.